Ogni anno all'approssimarsi della ricorrenza di Ognissanti vengo colto da un moto di ilarità misto a scoraggiamento. Trovo quasi incredibile che nel giro di pochi anni si sia perso quasi totalmente, e forse irrimediabilmente, il ricordo di quelle che erano le nostre usanze e sia subentrata come prassi “normale” la modalità festaiola dell' Halloween statunitense di tradizione anglosassone. Del resto anche le reazioni critiche a tale “moda”, che ho avuto finora modo di leggere/ascoltare, peccano spesso di disinformazione e/o pressapochismo e per dirla con una frase fatta: “buttano via il bambino con l'acqua sporca”, ignorando totalmente l'innegabile substrato precristiano di tale ricorrenza.

Colto da “raptus scrivendi” vorrei tentare di fare dunque chiarezza sfruttando le conoscenze acquisite durante la nostra pluridecennale indagine etnomusicologica svolta in Piemonte (soprattutto nelle zone del Monferrato, Langhe, Roero e alessandrino) e suffragata dalle ricerche di altri autori.

Sarò sintetico! L'analisi però deve forzatamente tenere conto delle basi storiche.

Il primo novembre era, per il calendario celtico, la data di inizio inverno.

Data celebrata con una grande e importante festa.

Le operazioni di sincretismo religioso effettuate dalla Chiesa cattolica portarono alla sostituzione di tali riti con l'istituzione del giorno di Tutti i Santi (Ognissanti) voluta da papa Gregorio II nell'VIII secolo.

Nel 998 l'abate di Cluny Odilo aggiunse anche la festa di commemorazione dei defunti, da celebrarsi il due novembre.

Nella società contadina il rito cristiano e i residui delle antiche tradizioni precristiane, come spesso accade, viaggiarono intersecati fino a pochi decenni orsono.

Quindi da un lato si rispettava la religione ufficiale andando alla messa la mattina del primo novembre, visitando al pomeriggio, individualmente o a seguito di processioni, i cimiteri addobbati diligentemente a festa già nei giorni precedenti, recitando alla sera il rosario completo nei quindici misteri e partecipando il giorno seguente ad un'altra messa questa volta all'interno del cimitero mentre le campane delle chiese suonavano a morto fino a mezzanotte.

Contemporaneamente sopravvivevano radicatamente le usanze pagane.

La notte dei Santi era considerata magica: la sera non si doveva uscire (si pensava che i morti andassero in processione) e nelle case dopo il rosario, mangiando castagne, si raccontavano storie di fantasmi, di apparizioni, di dannati, di masche (le streghe piemontesi). Spesso anche i bambini rimanevano svegli, terrorizzati, per tutta la durata della veglia che terminava a mezzanotte per pemettere ai morti di tornare a riposare per qualche ora nei loro letti (in altre località invece, allo stesso scopo, ci si svegliava prestissimo al mattino). In alcune altre zone del Monferrato vi era additittura l'usanza di dormire su una sponda del letto, occupando uno spazio molto stretto, per permettere che la parte libera fosse utilizzata dai famigliari defunti.

Prima di andare a letto, inoltre, si lasciava sul tavolo un piatto di castagne e un bicchiere di vino per i morti.

Un altro sicuro punto di contatto con Halloween era l'usanza, praticata in genere dagli adolescenti della famiglia, di svuotare delle zucche, inciderle per ricavare fori come se fosse un viso e porle, con una candela accesa al loro interno, negli angoli bui per accrescerne l'effetto pauroso.

Infine, per chi non la conoscesse, riportiamo da Wikipedia l'etimologia della parola Halloween: "essa è attestata la prima volta nel XVI secolo, e rappresenta una variante scozzese del nome completo All-Hallows-Eve, cioè la notte prima di Ognissanti (in inglese arcaico All Hallows Day, moderno All Saints). Sebbene il sintagma All Hallows si ritrovi ininglese antico (ealra hālgena mæssedæg, giorno di messa di tutti i santi), All-Hallows-Eve non è attestato fino al 1556".

Quindi mi auguro che ognuno possa trascorrere Ognissanti/Halloween come meglio crede, ma magari lo faccia con maggiore consapevolezza.

Enzo G. Conti - Associazione Culturale Trata Birata

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